Il recupero
Nel 1972, durante i lavori di costruzione della carreggiata dell’autostrada CE-SA, in prossimità di Palma Campania, furono portati in luce, al di sotto di un livello di pomici relative ad un'eruzione antica del Somma-Vesuvio (l’eruzione delle “Pomici di Avellino”), i resti di una struttura lignea ed un cospicuo gruppo di vasi d’impasto riposti gli uni accanto agli altri o impilati, in un settore dell’ambiente limitatamente evidenziato dallo sbancamento. Purtroppo non si allargò al di là della stretta zona del rinvenimento.
Nell’angusto spazio erano concentrati più di 130 recipienti dalle forme diverse. La maggior parte era in ceramica in impasto fine bruno scuro o nero eseguita senza l’ausilio del tornio e in genere ben curata, levigata, e, talvolta lucidata. Si tratta di tre sostegni a clessidra, di alcune tazze con piede campanulato, di circa venticinque scodelle profonde con labbro a larga tesa ed ansa a nastro schiacciata sotto il labbro. Tra le forme più caratteristiche sono da segnalare, in impasto fine, le tazze carenate; erano circa una ottantina, di varie dimensioni e di fogge relativamente uniformi (alcune con fondo ombelicato). Furono trovate in gran parte impilate le une nelle altre.
In prossimità dei vasi in impasto fine vi erano anche alcuni grandi contenitori, un'olla ovoidale biansata, un vaso calefattoio con alto piede forato, un grande bacino, almeno cinque olle biconiche monoansate, una ciotola di notevole dimensione, più di una diecina di brocche e di boccali con ansa sopraelevata e un grande vaso-bollitoio con listello interno.
L'uniformità tecnica, il limitato ventaglio tipologico, l'ingente numero di vasi per ogni tipo hanno fatto pensare in primis che si trattasse di un deposito riferibile ad un deposito di vasaio come potrebbe suggerire anche l’ordinata disposizione dei vasi vuoti. Ma sulla base del rinvenimento di Monte Fellino dove in uno spazio erano pure concentrati numerosi vasi, e soprattutto il rinvenimento delle capanne di Nola-Croce del Papa, si può precisare che si tratti della dispensa di una struttura abitativa.
Accanto ai reperti ceramici, furono anche raccolti reperti che indiziano alcune attività domestiche, come una macina di pietra lavica ed un ciottolo di forma ovale piano-convessa di arenaria verosimilmente usato come pestello. Si praticava l’essiccazione e/o l’affumicamento finalizzate alla conservazione delle carni.
Tipologia delle capanne
Grazie alla peculiarità dell’evento eruttivo che ha permesso nel sito di Nola –Croce del Papa (2001) la conservazione in negativo delle strutture (calco cineritico), si è potuto capire i loro dati strutturali e tecnici. Avevano una pianta a forma di ferro di cavallo divisa in due navate da una serie di pali sormontati e collegati tra loro da una trave di colmo per sorreggere il tetto. Il tetto-parete che presentava una forte pendenza per lo scorrimento delle acque pluviali era costituito da paletti disposti verticalmente e da correntini di legno posti orizzontalmente. Il tutto era ricoperto da fasciami di canne palustri che giungevano fino a terra. I paletti e i correntini erano legati da corde, le cui tracce sono rimaste impresse nella cenere.
L’ingresso, protetto da una tettoia aggettante, era situato nella parte rettilinea dove si apriva una porticina. Lungo il perimetro interno delle capanne vi erano dei bassi pali verticali regolarmente distribuiti e chiusi da pareti di tompagno, fatte da graticci di verghe. Creavano con la parete obliqua un'intercapedine utilizzata per la collocazione di alcuni manufatti.
All'esterno, un cordolo di terra battuta, spesso 10-12 cm, era alla base del tetto-parete con la funzione di evitare l'ingresso dell'umidità negli ambienti. Le capanne erano divise da tramezzi di legno in due o tre ambienti comunicanti tra loro. La zona absidale era utilizzata come dispensa in cui erano disposti i grandi vasi per le derrate, mentre gli ambienti centrali, con il pavimento in terra battuta in cui erano inseriti il focolare, il forno e delle fosse (per la raccolta dei rifiuti),erano usati come luoghi di soggiorno.
Le capanne, pur presentando la stessa pianta, lo stesso orientamento e la stessa tecnica costruttiva, erano di diverse dimensioni. Si ignora se la dimensione avesse qualche rapporto con lo status sociale del gruppo o più verosimilmente con il numero degli abitanti.
La capanna 4 è stata ricostruita sulla collina della Vigna, nell'area del parco archeologico e vulcanologico a S. Paolo Belsito, nel quadro di un'azione di promozione della Regione Campania (P.O.R. Campania 2000-2006 Asse II Beni Culturali-Misura 2.1, P.I.T. “Valle dell’Antico Clanis Antica Terra dei Miti e degli Dei” cofinanziato dall’Unione Europea).
Ricostruzioni delle Capanne di Nola dell'arch. Emilio Castaldo
Prime vittime umane dell’eruzione delle Pomici di Avellino
Notevole interesse ha suscitato il ritrovamento (1995) a S. Paolo Belsito (loc. La Vigna) degli scheletri di un uomo e di una donna che costituiscono le prime e finora uniche vittime umane dell’ eruzione. I due individui giacevano vicini l’uno dell’altro, soffocati dai materiali piroclastici che li ricoprivano per un metro di spessore. La donna, sebbene ventenne, aveva già dato alla luce diversi figli, e l'uomo, di età matura e un po' artritico, aveva sofferto di un lieve rachitismo in età infantile.
Nel 2000 fu scavata parte di una necropoli (via Cimitero) che restituì un cospicuo gruppo di scheletri riferibili agli antenati dei due fuggiaschi.